E ora andrò lontano su al Nord a giocare “il grande gioco” – Joseph Rudyard Kipling – Kim

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Il Grande Gioco, così fu chiamata nell’800, la grande partita fatta di guerra, diplomazia, sotterfugi, imprese geografiche, spedizioni eroiche, furti giganteschi di opere d’arte, massacri spaventosi che oppose l’impero russo e quello britannico che si contendevano il controllo dell’Asia. Da Nord i russi cercavano di espandersi versi l’India e lo sbocco sull’Oceano. Da sud gli inglesi contrastavano questo disegno puntando alla conquista dei ricchi mercati commerciali dell’Asia centrale.
Al centro di tutto l’Afghanistan, stato cuscinetto tra i due colossi di allora. Oggi a distanza di quasi 200 anni la storia sembra ripetersi. Le steppe dell’Asia centrale sono diventate la nuova frontiera delle materie prime, gas e petrolio. La Persia, oggi Iran, gioca un ruolo determinante e problematico sul mondo islamico e pone con forza la propria leadership nell’area.
Il Caucaso, terra di conquista nel grande gioco della Russia rimane una spina nel fianco di Mosca. L’India e la Cina sono ormai potenze economiche e militari che pongono una seria opzione sugli equilibri mondiali per i prossimi decenni. I Russi puniti duramente negli anni 80 dagli afghani tentano di ritrovare i fasti degli anni dello Zar e del regime comunista imponendo nuovamente la loro influenza economica e militare su tutta l’Asia centrale. Gli americani, come gli inglesi dell’800, dopo aver spodestato i russi, armando i mujaheddin, si sono impegnati in una guerra in Afghanistan impossibile da vincere sul terreno. Nel corso dei secoli da Alessandro Magno a Gengis Kan, da sua maestà britannica al capo supremo del partito comunista dell’Unione sovietica, nessuno è mai riuscito a piegare militarmente la resistenza afghana. Oggi il grande gioco sembra essere tornato di attualità anche se i limiti geografici sembrano essersi espansi notevolmente, dalle rive del Mediterraneo fino all’estremo oriente con nuovi stati diventati protagonisti. Anche l’Italia ha un suo ruolo, nei balcani, nel Nord Africa e nel medio oriente sull’altra sponda delle nostre coste, sulle rotte dei pirati al largo della Somalia o dell’India, ma anche nell’Asia centrale, ricca di risorse energetiche che vedono impegnate nostre aziende strategiche, così come in Afghanistan, dove il modello del nostro impegno militare è stato studiato e preso ad esempio dagli americani.
Rimanere fuori da questo nuovo “Grande Gioco” degli anni 2000 significherebbe non avere voce sugli sviluppi delle grandi strategie mondiali del prossimo futuro. E’ per questa ragione che da oltre trent’anni i nostri militari partecipano attivamente e da protagonisti alle missioni sotto egida Onu che si sono succedute nel mondo, dal Libano del 1982, passando per la Somalia, il Kosovo, la Bosnia, l’Iraq, l’Afghanistan, di nuovo il Libano, la Libia. Avere un ruolo nella comunità internazionale significa poter contare sugli altri, quando e se mai se ne avesse necessità, e fare ciò che è stato deciso dal Parlamento sovrano con professionalità e… con il nostro modo di fare.

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